domenica 15 luglio 2007

Andersen reloaded

Laura Albano



















Sdraiata su un fianco la figlia del mare si sente addosso tutte le migliaia di leghe che ha percorso. La stanchezza le ha invaso il corpo come melassa, ma è contenta di essere tornata a casa.
Si ricorda tutto. La prima volta che aveva visto le luci, i colori, i suoni del mondo terreno e non riusciva più a toglierseli dalla testa. Il principe che aveva salvato dal naufragio. Il desiderio per un’anima immortale come quella degli umani. Si era stancata di ricevere in dono collane di anemoni, voleva qualcosa di diverso: un’anima immortale per esempio, così per cambiare. Si ricorda l’antro della strega dove in cambio della sua bellissima voce prima di partire si è fatta tagliare la coda a metà per avere due gambe di donna. Il dolore e lo svenimento. Al risveglio poi lo stupore, il contatto dei piedi col suolo, altre sensazioni nuove esplorando nuove parti di sé, bello, sarà un pezzetto d’anima anche questo aveva pensato.
Ma la strega era stata chiara, per conquistare un’anima immortale il principe doveva fare di lei la sua sposa, altrimenti lei rischiava di rimanere né carne né pesce e di doversi dissolvere in schiuma. E quello stupido bamboccio cosa aveva combinato? Non aveva riconosciuto colei che l’aveva salvato dalle acque, e l’aveva accolta a corte sì, ma come la sua sorellina e confidente: anche perché lei era muta, e lui poteva raccontarle tutti i suoi guai – non avrebbe mai pensato che un principe potesse averne tanti, ma allora a che serve avere un’anima immortale, si era chiesta? A portarsi dietro tutti i propri guai per l’eternità?
Già questo l’aveva resa dubbiosa.
La conferma che l’anima non sarebbe stata un buon affare l’aveva avuta quando il principe aveva sposato la figlia del re vicino. Le era bastato assistere al primo giorno di vita coniugale per capire che l’anima tra uomo e donna era solo fonte di complicazioni.
Dunque aveva scampato un pericolo. Ora per tornare a casa e non dissolversi in spuma di mare non aveva altra scelta che uccidere il principe con il coltello che le avevano dato le sue sorelle. Le istruzioni erano precise. Una cosa però non aveva previsto: che il principe svegliandosi di soprassalto nel cuore della notte e vedendosela lì accanto al letto, nuda salvo il coltello, fosse preso dal desiderio e la trascinasse nelle reali cucine per unirsi a lei sul tavolo dove i cuochi erano soliti spennare i polli. Senza prevedere le conseguenze.
Sente battere alla vetrata, apre gli occhi e guarda fuori. E’ lui che le fa un cenno con aria un po’ spersa, non si è ancora ambientato. Nel regno del mare è stato accolto con curiosità e un po’ di naturale diffidenza, muove la coda ancora un po’ goffamente ma si abituerà. Lei si alza per preparargli qualcosa da bere e gli sorride dolcemente di qua dal vetro. Dovrà dimenticarsi certi giochi terrestri ma lei gliene insegnerà altri, e anche senza un’anima immortale i loro trecento anni di vita li trascorreranno nel migliore dei modi.

6 commenti:

marcello.bottega ha detto...

Solo una cosa non mi è chiara. Perché fare sesso nelle reali cucine e farla sua su un tavolaccio dove vengono spennati i polli quando avrebbe potuto averla comodamente lì in camera da letto? Difficile ambientarsi in fondo al mare comunque...

M ha detto...

la risposta ce l'hai sotto gli occhi e poi , vuoi mettere?!

Anonimo ha detto...

semplice, nel letto del principe c'era la legittima consorte e non era un club di scambisti:)

Anonimo ha detto...

...e poi sì, vuoi mettere, vedi Jack Nicholson nel "Postino suona sempre due volte"...

Anonimo ha detto...

Fu tutta colpa delle sirene e della loro pessima letteratura.

Anch'io, negli anni 50, schifato da questo mare, me ne andavo.
Me ne andavo da quel mare de mucillaggine, de onde che s'infrangono, da quella spuma da cento, da mille, da ventimila leghe sotto!
Me ne andavo dai subb, dai pescatori sodomiti, beoni, bruciati dal sole! Me ne andavo da quel mare de tritoni, de tridenti petrolieri affondati, quel mare dello iodio la mattina presto, quel mare in burrasca, in bonaccia, quel mare forza nove, forza alinghi, forza luna rossa.
Da quel mare "anche con una mano sola", da quel mare de profughi su e carrette, de guardiacostieri samaritani, degli sbarchi che commuovono, che fanno piagnere er nostro Silvio nazionale.
Questo mare dell'Andrea Doria, del Titanic, dei summergibili nucolari e del ghiaccio che se scioglie sotto le zampe degli orsi.
Me ne andavo da quel mare de calamari giganti, de squali mangiatori di uomini, de cetacei e di giapponesi dalla mira buona, da quel mare di greenpeace, de fricchettoni ecologisti col motoscafo elaborato, degli atolli radioattivi, de Mururoa, de Birikini, de li mortacci loro.
Me ne andavo da quel mare, de fenici, de pirati, d'arrembaggi, di cannonate, de portarei grandi come il circo massimo, quel mare della royal nevvi, dei marines, del battaglione san marco, quel mare de invasati col coltello in bocca a cavallo dei maiali.
Me ne andavo da quel mare che fa nascere Venere e fa incazzare Padron 'Ntoni, quel mare dei Baricco, dei La Capria, degli Amenabar, da quel mare azzurro, rosso, quel mare in bianco e nero, me ne annavo dagli inverni miti e delle estati de caciara e de beach volley. Quel mare de nonni e nipotini, delle biglie su a spiaggia, quel mare sdraio e omrellone 20 mila, quel mare de “COCCO FRESCO” e dei vu' cumprà che se non contratti si offendono
Me ne andavo da quel mare de Zacinto e de Itaca, da quel mare dei poeti, dei grandi viaggiatori, i Vespucci, i Magellano, gli Amerighi, da quel mare insanguinato delle grandi battaglie, Iwo jima, Guadalcanal, Cefalonia! Quel mare degli esilii e dei confini, CHE C'ERA E CI STA ANCORA CHI STA A DIRE CHE SE TRATTAVA DI VILLEGGIATURA, me ne andavo da quel mare di MERDA!!
Ah Sirene'..., addio.

Anonimo ha detto...

Scalmo, sei un figo.